Goccia S. Antimo: Presentazione libro "Nero di Lava" di Nada Skaff avvenuta il 15 febbraio 2025
“Nero di lava” è la seconda raccolta poetica in lingua italiana della scrittrice di origine libanese, Nada Skaff. Pubblicata dalla MR Editori nel 2023, la predetta raccolta di poesie è stata presentata al pubblico per la prima volta ad aprile del 2024, presso la libreria “Raffaello” in p.zza Vanvitelli a Napoli. Il testo che si apre con una Prefazione del critico Antonino d’Esposito, si compone di 86 pagine e comprende 72 componimenti. Per questa sua raccolta poetica, Nada Skaff ha avuto diverse recensioni, interviste e riconoscimenti; lo scorso dicembre ha ricevuto dalle mani del poeta e scrittore Davide Rondoni, il prestigioso “Premio Laurentum 2024” in una cerimonia svoltasi nel Palazzo di Montecitorio a Roma.
Il titolo scelto da Nada Skaff “Nero di lava” è l’omonimo della poesia di pagina 75 che è la trasposizione poetica dell’immagine di copertina ritraente un quadro dipinto dalla stessa autrice. Lei che non si ritiene affatto una pittrice, dipinge in realtà solo per le copertine dei suoi libri, quando è in procinto di dare alle stampe un suo nuovo lavoro. Le poesie di Nada Skaff richiedono un lettore attento: è difficile a volte afferrarne il senso per il loro carattere polisemantico. Alcune sono molto semplici, altre squisitamente ermetiche e soprattutto quest’ultime come ad es. “Il muro del silenzio” e “Il non senso e l’assurdo”, sono come un groviglio di versi da sciogliere ed è necessario leggere altri componimenti della stessa raccolta per trovare opportuni legami e comprenderne il significato. Stilisticamente le poesie sono ricche di figure retoriche: similitudini, ossimori, metafore ed efficaci allitterazioni. Questo dimostra la perizia e la conoscenza tecnicostilistica che la poetessa sa infondere nei versi.

Saluti istituzionali del sindaco di Sant’Antimo, Massimo Buonanno
I temi che la Skaff affronta nelle sue poesie, sono svariati: vi è presente il tema della lontananza dalla madre patria, il passato che ritorna nella mente, il tema della pace, la Natura vista romanticamente nella bellezza delle sue forme oppure come approdo per rigenerarsi dagli affanni e ancora la Natura come metafora di “temi legati all’identità”, a giudizio della prof.ssa Antonella Radogna.
Ma tornando alla poesia “Nero di Lava” è possibile partire da essa per evidenziare tre temi altrettanto interessanti, che spesso ricorrono in altri testi poetici della raccolta e cioè la contaminatio di due culture: quella di origine e quella di adozione, i tormenti dell’io-poeta e il rapporto con il tempo.
Esaminando “Nero di lava” molto significativi i primi versi della poesia: la Skaff identifica questo nero coperto dal rosso-fuoco della lava con il “pensiero esigente” cioè con un pensiero pretenzioso, in azione, in ricerca; un pensiero che, però, fa sì che l’anima umana sia sempre in conflitto con sé stessa. Questo conflitto interiore ha del positivo: è ciò che dà valore all’esistenza, ha comunque una sua vitalità. Tutta la poesia è pervasa dal contrasto vita-morte: il non provare i propri tormenti significherebbe raggiungere il “gelo demente”, dove l’aggettivo “demente” sta ad indicare la particolarità di questo gelo che è senza una mente, senza una ragione d’essere e quindi simbolo di morte. “C’è tempo per il gelo demente”: è un invito a vivere a pieno la vita e a fare esperienza anche dei nostri tormenti prima che sia troppo tardi. Da notare nella poesia l’uso di termini anatomici riferiti al cuore, e quindi agli atri, cioè alle due cavità del cuore, al cuore stesso al verso 4, nonché alla sua pulsione vitale: l’allitterazione della “t” sembra quasi far percepire il sussulto del battito cardiaco. A ben considerare la lava che esce dal cratere del vulcano, ha proprio la forma di un cuore, ma capovolgendone l’immagine si osserva che prende forma la sagoma di un cedro, albero- simbolo del Libano, mentre il vulcano evidentemente allude al nostro Vesuvio. Dunque, il cedro e il Vesuvio sono le personificazioni dei due paesi cioè il Libano e l’Italia, che hanno segnato le esperienze di vita della Skaff. Di qui il tema della contaminatio di due culture: quella di origine e quella di adozione, tema presente anche in altre poesie della raccolta come ad es. in “Cedro”, “Beirut” e “Torre saracena”. Ecco un’analisi testuale di queste tre poesie.
“Cedro”
Il componimento è il ricordo di una visita ai giardini di Villa Borghese a Roma. L’autrice riconosce tra la vegetazione un cedro e lo descrive come una “siluette, slanciata e vigorosa” e “allo sguardo verde smeraldo”. Lei quale amante della Natura compie il gesto che farebbe un qualsiasi ambientalista: quello di abbracciare quel cedro. Un gesto che potrebbe far ridere chiunque, ma che invece permette a lei di “sentire una linfa vitale”. Nada avverte nell’abbraccio del cedro il profumo di foreste ed è come riprendersi in vita in un luogo lontano dalla sua terra, ma tanto vicino ad essa per aver fortuitamente incontrato un cedro “compatriota”, lei che è “di qua e di altrove”
“Beirut”
Questa poesia, dal titolo Beirut, rappresenta un'ode complessa e affascinante che la Skaff dedica alla sua città natia. Beirut viene descritta con immagini potenti e simboliche, come un luogo dai mille volti, un microcosmo in cui convivono contraddizioni e bellezze, un'entità quasi mitologica, vivace e sensuale, ma anche tormentata e segnata dalla sofferenza. Beirut diventa metafora di una bellezza ambigua, affascinante ma crudele, che incarna la complessità del mondo arabo e mediorientale: un luogo di tradizione e modernità, di guerra e di speranza.
Nei primi versi si legge: “Diavolo di una città, tentatrice delle mille e una notte”. Si inizia con un’apostrofe alla città, rappresentandola come una "tentatrice", in linea con la figura mitica delle “mille e una notte”, ricca di fascino e mistero. L’immagine del "diavolo" conferisce a Beirut una dimensione quasi infernale, come se fosse una forza che attrae irresistibilmente, nonostante la sua pericolosità.
Contrasti nella descrizione della città appaiono successivamente: “fiore turchese e amaranto dei tombini”, introduce un'immagine di bellezza che emerge da contesti degradati. Beirut è così descritta in un connubio di colori vivaci (turchese e amaranto) associati a oggetti comuni e a volte negativi come i tombini, simbolo di un paesaggio urbano segnato dalla povertà e dalla disorganizzazione. Questo accostamento tra "bellezza" e "degrado" suggerisce una città che vive nella tensione fra queste due dimensioni. La "manciata di brillanti in miniere di carbone" suggerisce che, nonostante il degrado, ci siano tesori nascosti, potenzialità non espresse.
Ma Beirut è anche una città vivace, descritta come “vibrante, intrigante, vezzosa, inebriante, ragazza allegra e frizzante a feste luminose”, dove il termine "ragazza" evoca l’immagine di una città giovane, seducente, che ama divertirsi e farsi notare. Le "feste luminose" sono un riferimento al dinamismo della città, alle sue contraddizioni: tra la povertà e la bellezza, tra la sofferenza e la gioia.
Da sottolineare ancora due aspetti: la fusione di culture e civiltà e l’Odi et amo dell’autrice verso la sua città. La Skaff fa riferimento a diversi strati storici e culturali che si sovrappongono nella città: “vicoli ottomani sepolti sotto un ‘ring’”, “scuola di non-diritto sotto mosaici romani” e “Bisanzio infernale”. Queste immagini mettono in evidenza la mescolanza di culture diverse e la tensione tra il passato e il presente. Il "ring" potrebbe alludere a una zona di conflitto o a una battaglia, mentre la "scuola di non-diritto" evoca l’assenza di giustizia, la violenza sociale e politica.
La Skaff si avvicina a Beirut con un amore che sembra conflittuale: “Porto il mio amore come si contrae il male”. L’amore per la città è come una malattia che si può evitare, ma che è anche inevitabile. Beirut è descritta come un antidoto e una cicuta, il che suggerisce che la città ha il potere di guarire e di distruggere, proprio come una sostanza che può curare o uccidere. Il “marchio delle tue labbra ebbre” è un’ulteriore immagine del legame profondo e pericoloso che l'autrice sente verso Beirut.
La poesia si conclude con un’immagine forte e tragica di Beirut. Beirut è una città "al fronte", cioè in prima linea, segnata dalla storia e dalla guerra, ma anche dall'amore. La poesia mostra così una città ambivalente, che incanta e distrugge, ma che è anche impossibile da dimenticare.

“Torre saracena”
La poesia contiene immagini piene di simbolismo. L’uso di un linguaggio vivido crea forti immagini mentali come “ombra basalto su mare cobalto” e “profumi di scorze di agrumi” attraendo i sensi e creando una ricca atmosfera. La stessa “torre saracena” che dà il titolo alla poesia come pure i “campanili bizantini” evocano la ricchezza culturale e storica del Mediterraneo, suggerendo una mescolanza di influenze e tradizioni. Le immagini sono anche contrastanti: ad es. l’atto di chiedere di “lavare i ricordi” conferisce attributi umani alla memoria, evidenziando un desiderio di purificazione e rinnovamento. “Il sorriso di Europa” e “il sale delle lacrime” suggeriscono un paesaggio emozionale complesso che unisce bellezza e dolore, riflettendo una relazione multiforme con il Mediterraneo. Da notare nel testo poetico l’uso di assonanze: i suoni vocalici ripetitivi creano una qualità lirica e migliorano la musicalità dei versi attirando il lettore nel ritmo dei versi stessi.
Il secondo tema evidenziato già in Nero di lava, riguarda i tormenti dell’io-poeta. La Skaff manifesta una certa malinconia nei confronti della sua terra d’origine; talvolta, nei suoi ricordi affiora anche il dolore degli anni vissuti durante l’ultima guerra civile in Libano. La poetessa affronta il tema della resilienza emotiva, cioè di come continuare a vivere nonostante i ricordi belli o brutti del suo passato. La soluzione che lei sembra suggerire per superare le sue ferite difficili, è di vivere a pieno nell’oggi, perché il passato è solo “fogliame”, cioè foglie morte che non contano più niente. Altra soluzione è di accogliere nella propria vita le bellezze della Natura come un refrigerio capace di placare i nostri affanni. La Skaff vede comunque concretizzato nella sua vita un senso di rivalsa e di rinascita.
Le poesie prescelte attinenti al tema dei tormenti dell’io-poeta sono: “Al di là”, “L’indecisione” e “Quante volte”. Ecco un’analisi di ciascuna.
“Al di là”
Il testo esplora il tema della resilienza emotiva, della transizione fra il dolore e la gioia e del superamento delle difficoltà. La "radura" rappresenta un luogo di riflessione e di distacco dal tumulto della vita quotidiana, un ambiente naturale che favorisce la contemplazione del vissuto personale. L'autrice sembra voler suggerire che oltre alle esperienze di sofferenza e felicità, esiste uno spazio interiore in cui si può trovare la pace e una visione più ampia. La poesia è caratterizzata da un linguaggio elegante e simbolico, con immagini naturali che vengono utilizzate per esprimere concetti emotivi. L'uso di metafore come "filigrana d’oro" e "tessito d'oro pallido" suggerisce delicatezza e fragilità. La natura diventa un riflesso dell’animo umano e delle sue emozioni. L'uso del presente ("mi sono seduta", "la sottile filigrana d’oro mi protesse") coinvolge direttamente il lettore nel momento di riflessione dell'autrice. Le immagini presenti nel testo poetico possono così essere interpretate:
- “Al di là dell’immensa gioia e del profondo dolore”: Questo verso suggerisce l’esistenza di un luogo o di uno stato mentale che va oltre le emozioni più forti. Non si tratta di negare gioia e dolore, ma di riconoscere che c’è qualcosa che li trascende.
- "Una radura dove mi sono seduta per vedere sfilare, attraverso il verde delicato del fogliame, il vissuto ricamato da mesi di vita": Qui, l'autore usa la radura come metafora di un momento di pausa e riflessione. Il "verde delicato del fogliame" evoca una sensazione di calma e di rinascita, mentre il "vissuto ricamato da mesi di vita" suggerisce un’elaborazione del passato, come se ogni esperienza fosse un filo che si intreccia per formare una trama complessa.
- "Quando il freddo si diffuse dal cuore alle estremità delle membra": Il freddo diventa un'immagine potente per il dolore e il disagio interiore. La sensazione di gelo si diffonde nell'intero corpo, simboleggiando un malessere profondo.
- "La sottile filigrana d’oro mi protesse dal gelo interno": Qui l'oro è un simbolo di protezione e di bellezza che salva la persona dal dolore più acuto, offrendo un conforto delicato ma forte.
- "Poi un giorno, il sole tornò. Scrollai dalle spalle il tessito d’oro pallido e raccolsi dall’astro ogni nuovo raggio": Il ritorno del sole segna il superamento del dolore e la rinascita. Il “tessito d'oro pallido” che viene scrollato dalle spalle rappresenta il distacco dalla sofferenza e la liberazione da una protezione che era stata necessaria ma che ora è superata. Il raggio del sole è il simbolo della nuova energia, della speranza e della ripresa.
La tonalità della poesia cambia dal profondo dolore (simbolizzato dal freddo e dal gelo) a una sensazione di sollievo e speranza (simbolizzata dal ritorno del sole e dal calore). L’atmosfera complessiva oscilla tra la tristezza e la serenità, ma alla fine prevale l’idea di rinascita.

“L’indecisione”
L'indecisione è descritta come una malattia mortale per chi percorre il cammino dell'amore, un dubbio che devasta e una titubanza che porta al fallimento. Questa condizione provoca l'incompletezza delle promesse, lasciandole sospese in un abisso di attimi non vissuti, simile a un cimitero di sogni non realizzati, dove riposano le aspirazioni di momenti mai esplorati.
“Quante volte”
La poetessa riflette sul legame profondo con la sua terra d’origine, esprimendo un senso di dolore condiviso con il suo popolo, la cui resilienza è messa alla prova. Lei nota come la gente immerga il proprio dolore negli sguardi e nelle spalle piegate, sacrificando anche il sorriso, simbolo di speranza, per mancanza di cose preziose come il caffè. I momenti diventano insopportabili come i chiodi di una croce, nel tempo che scorre inesorabile, segnato dalla bellezza effimera dei tramonti ai piedi del Monte Libano.
Riguardo al rapporto con il tempo è da dire che questo tema è stato trattato da diversi poeti e letterati già nell’antichità classica. Virgilio diceva nelle “Georgiche” “Tempus fugit” per significare lo scorrere del tempo sempre inarrestabile. Orazio in una sua nota satira, scrisse “Carpe diem”, un imperativo divenuto poi la celebre massima latina per imparare a cogliere l’attimo e a godersi fino in fondo ogni momento che la vita ci riserva.
C’è, tuttavia, un aforisma di Sant’Agostino da Ippona che ben si addice al pensiero di Nada Skaff sul tempo. L’aforisma recita: “ Il tempo non esiste è solo una dimensione dell’anima. Il passato non esiste in quanto non è più. Il futuro non esiste in quanto deve ancora essere e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro” La poetessa cerca in ogni modo di vivere a pieno il presente, per superare le ansie del passato e ritrovare una nuova linfa nel presente stesso, senza preoccuparsi del futuro.
Sul tema del tempo si possono considerare come modello due poesie della raccolta “Nero di lava”: “L’età” e “Il non senso e l’assurdo”.
La prima poesia è decisamente personale e riflette la condizione di chi si accorge di aver a lungo vissuto gli anni della vita. È una poesia di consapevolezza della maturità che si raggiunge nell’autunno della vita.
Nonostante l’autrice sia conscia del passare inevitabile del tempo, lei accetta serenamente questa condizione sorridendo ai ricordi che diventano fogliame, cioè qualcosa che ormai non fa più parte di noi. La Skaff, quindi, non guarda con nostalgia al passato, ma ne conserva felice il ricordo.
Dal punto di vista stilistico si possono menzionare tre figure retoriche: l’allitterazione dell’ultimo verso della lettera “S” che allude al fruscio del vento; la personificazione al terzo verso che recita “la pelle beve”; metafore diverse riferite all’autunno come simbolo dell’età che tramonta e del tempo che passa.
La seconda poesia sul tempo “Il non senso e l’assurdo” è più oggettiva, indirizzata all’umanità tutta. E’ un testo molto ermetico rispetto ad altre poesie della raccolta. Il significato riguarda la tendenza dell’uomo ad arenarsi nel perseguimento di un ideale. Si guarda spesso all’incertezza del futuro, dimenticandosi della concretezza del presente e lasciandosi trasportare dall’impeto dell’attesa. “Il non senso e l’assurdo” risiedono in questa ricerca spasmodica di un “altrove” e ciò è causa di alienazione dell’individuo.
L’ossimoro “esplosione silente” esprime perfettamente questa sensazione di alienazione e di apatia.
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